Festival MEME 2024
MEME
La Cerimonia del fango
Faenza 31 gennaio – 16 maggio 2024
Il 16 maggio ci incontreremo nei luoghi devastati dall’alluvione. Ci raduneremo nei parchi, nelle sedi delle realtà culturali e sportive, nelle scuole, nelle botteghe, nelle strade.
Come una corrente vitale ci incontreremo per dare corpo e voce ai cortei che confluiranno in piazza per celebrare la Cerimonia del fango.
Vogliamo trasformare in canto le emozioni trattenute.
Vogliamo stringerci e sentirci un’altra volta vicini per rinnovare la forza solidale che ha tenuto in piedi la città.
Vogliamo rimarcare la dignità di chi ha perduto tutto, il sorriso di chi ha dato una mano, la forza tenace di una collettività ritrovata, che non vogliamo disperdere.
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in collaborazione con
Accademia Perduta / Romagna Teatri – ANC Faenza – ANC Gruppo Sbarretti – Andrea Montesi – Anffas Faenza – ANPANA Faenza – Artistation – Associazione Culturale Fatti d’Arte – Ass. Naz. Carabineri 85 Nucleo Volontariato e Prot. Civ. ODV – Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza – Bottega Gatti – Casa della Musica – Lia Cavassi / 6243 Ceramic Studio – Cristiano Cavina – CGIL Faenza – Comitato Scrittori ed Editori Faentini / Compagnia Solaroli / Materiali Musicali – Croce Rossa Italiana – CVPC Team Faenza – Mirco Denicolò – Faventia Calcio – Fabbro Ferrini Lorenzo – Falegnameria Diversi Davide – Fototeca Manfrediana – GEV Faenza – Giovanni Delvecchio – Independentpoetry – Istituto Carchidio Strocchi – La Carampana / Gruppo di Ballo Popolare – La Vecchia Faenza – Liceo Torricelli Ballardini – Museo Carlo Zauli – Museo Guerrino Tramonti – Museo Ivo Sassi – Monica Ortelli Ceramica – Antonella Ravagli – Rioni – Palio del Niballo – Andrea Salvatori Studio – Save The Children – SAR Team Faenza – Scuola comunale di musica Giuseppe Sarti – Scuola d’arte Tommaso Minardi – Scuola dell’infanzia Il Girasole – Scuola primaria Pirazzini – Maria Cristina Sintoni / Art e Ceramica – Società Ciclistica Faentina – Teatro Due Mondi
Nessun uomo può bagnarsi due volte nello stesso fiume, perché né l’uomo né le acque del fiume sono sempre le stesse.
Eraclito
Metà città
La sorda neutralità dell’acqua ci disorienta perché non è mossa da volontà, non si cura di niente, non ha nulla di umano. L’assenza di un pensiero, di un progetto, si oppone a ciò che chiamiamo condivisione e democrazia. Le alluvioni del 3 e del 16 maggio hanno imposto una feroce lotteria altimetrica che ha spezzato in due la città: bastano pochi metri per delineare la traiettoria di una vita; qualcuno resta sopra, qualcuno finisce sotto.
Abbiamo però visto che la mezza città privilegiata, insieme ai volontari accorsi da lontano, ha cercato di ridurre la distanza tra le due parti; le persone – al contrario del fiume – possono decidere quale percorso seguire e a volte scelgono di camminare in salita e risalire la corrente perché vogliono smussare le differenze. Questa volontà solidale è il fondamento della comunità, e purtroppo occorre assistere a una sciagura per ricordarsene.
Un’azione collettiva
Raccontare la propria esperienza – com’è successo nei laboratori del progetto MEME – permette di riprendere il filo delle emozioni, dei pensieri, e di farlo finalmente insieme. Condividere un ricordo traumatico vuol dire assumerne la portata. Testimoniare pubblicamente permette di sentirsi parte di una comunità coesa, nonostante ci siano ancora tanti problemi da risolvere che continuano a dividere in due parti Faenza.
Indossare la drammatica forza della catastrofe e restituirla pubblicamente è un atto che richiede coraggio, è un gesto che parifica i cittadini coinvolti agli eroi tragici e li rafforza per mezzo di un coro: una città solidale giunta in piazza per ascoltare la loro voce.
Parimenti, richiamare alla memoria la complicità che si è creata nei giorni dopo l’alluvione permette di non non disperdere quella straodinaria forza sociale che abbiamo visto all’opera un anno fa. Finita l’emergenza, gli infaticabili ragazzi sono andati via; i canti, i pianti e gli abbracci non animano più la piazza, ma per chi ha perso tutto la vicenda non è ancora conclusa. Non possiamo dimenticarli e non vogliamo nuovamente isolarci.
Cerimonieri di questo rituale saranno le realtà culturali colpite dall’esondazione, che confermano una volta di più la vivacità del tessuto faentino e la loro propensione alla collaborazione. Entrando in sinergia, questi cerimonieri daranno vita a un’azione collettiva che parte dalle loro peculiarità; ognuno di essi lascerà un segno in favore della comunità continuando a utilizzare i propri strumenti, continuando a fare ciò che ama fare.
Rito, mente e natura
La cerimonia del fango non è uno spettacolo, è un rito collettivo. Le comunità del nostro tempo hanno poche occasioni per vivere un’esperienza che le renda partecipi; siamo incentivati a farci spettatori passivi, isolati, uniformi eppure divisi. Qualcuno ci ha definito eremiti di massa.
Il rito restituisce un ruolo attivo ai partecipanti, li rende testimoni e fautori di un evento che si fonda sullo stare insieme. Guardiamo alle poche occasioni di compartecipazione attiva dei nostri giorni e ci nutriamo da esse: i canti e le preghiere della liturgia religiosa, gli slogan e il linguaggio gestuale delle manifestazioni, dei raduni, del palio faentino. Questi segni, insieme a quelli presi da tradizioni più remote – nel tempo e nello spazio – sono spunti per la creazione dei fenomeni che animeranno la piazza il 16 maggio.
Anticamente venivano generati rituali e cerimonie per dialogare con le forze incomprensibili e inarrestabili che si manifestavano attraverso la catastrofe naturale. Per cercare di capirle e per non dimenticare la loro presenza, anche nei momenti di calma.
A volte non basta richiamare alla memoria gli eventi per reinterpretare il trauma, non sempre è sufficiente una corretta informazione o una confidenza con pochi amici. Occorre aggiungere un’azione parallela che agisca su altro piano. Il rito collettivo permette di richiamare emotivamente queste forze per elaborarle su un livello diverso, forse più profondo.
Questo evento ci ricorda che di fronte alla natura siamo esseri fragili, ma insieme siamo capaci di togliere il fango dalle case e dalle strade; proviamo ora a trasformare in ceramica l’argilla che ci è rimasta in testa.
Laboratorio
I partecipanti ai laboratori si sono incontrati per mesi, con cadenza settimanale. Hanno testimoniato le loro esperienze, hanno raccontato la loro prospettiva, le percezioni, hanno elaborato vicende e considerazioni attraverso la scrittura, l’oralità, il movimento.
Questo percorso ha richiesto costanza e determinazione per tornare sullo stesso argomento molte volte. È un’attività paziente e ostinata che avvicina i partecipanti a coloro che, dopo aver pulito la stanza invasa da fango, la ritrovano sporca il giorno dopo. La melma è uscita dalle fessure, si deve ricominciare daccapo molte volte. Eppure, se è vero che la goccia scava la pietra, è anche vero che la tenacia non è una prerogativa dell’acqua.
MEME La Cerimonia del Fango è realizzata
con il contributo di
Ministero della Cultura / Bando Progetti Speciali 2024
Regione Emilia-Romagna
con il patrocinio di
Comune di Faenza
Si ringrazia
Credits
Direzione artistica e Coordinamento laboratori Consuelo Battiston, Gianni Farina
Project Management Marco Molduzzi
Organizzazione Martina Barison, Maria Donnoli, Marco Molduzzi, Francesca Volpato
Comunicazione e Fundraising Maria Donnoli
Docenti Beatrice Cevolani, Gianni Farina, Ermelinda Nasuto
Progetto sonoro Daniele Lambertini
Allestimento Andrea Montesi
Foto Andrea Bernabini
Artwork Paolo Banzola
Fotoritratti Gian Marco Magnani
Una produzione E Production / Menoventi
Galleria
Ritratti
Fotografie di Gian Marco Magnani / Fototeca Manfrediana