L’Odradek dei desideri. Il lato oscuro della tecnologia
La Compagnia Menoventi, fra atmosfere alla Lynch e richiami a Kafka, racconta di consegne a domicilio che rivelano il vuoto esistenziale
Andrea Frambrosi |
Eco di Bergamo |
08/02/2025
«Odradek» ovvero quando David Lynch incontra Franz Kafka (tramite Günther Anders).
Nella scenografia che avevamo definito «cinematica» in cui era ambientata la vicenda de «La coscienza di Zeno», recentemente visto al Donizetti spiccava, proiettato sul fondale, l’immagine di un enorme occhio che in modo anche un po’ inquietante, scrutava gli spettatori. Anche l’azienda di consegne a domicilio Odradek ha come simbolo un occhio: apparentemente solo un innocuo «segno» grafico, in realtà, da «segno» di venta «simbolo» di una misteriosa entità occulta che non solo scruta la vita delle persone ma ne legge i pensieri, li traduce in desideri che concretizza in oggetti.
La scena che accoglie lo spettatore che si appresta alla visione di questo «Odradek» è sobria, un interno domestico dimesso, dalle pareti di un’inquietante color pastello che anziché calore domestico denuncia una certa freddezza. L’ambiente si rivela essere l’appartamento di una giovane donna chiamata «M» della quale scopriamo ben presto la quotidiana routine: torna dal lavoro, si toglie le scarpe, calzale pantofole, accende il televisore e ordina del cibo tramite un servizio di consegne. Consegne che vengono effettuate sempre dallo stesso fattorino che scopriremo si chiama «Q». Preciso, laconico, ripetitivo, asettico, sensazione di pericolo, sensazione accentuata dai continui disturbi e «contatti» dell’impianto elettrico tanto che sembra, a un certo punto, di essere finiti in una delle storie raccontate nei suoi film da David Lynch (contribuiscono a creare questa atmosfera le scene e le lucidi Gianni Farina, anche regista dello spettacolo, e il sound design di Andrea Gianessi). Un’inquietudine che ben presto colpisce anche la protagonista dato che, sera dopo sera, il fattorino della Odradek si presenta puntualmente a casa sua consegnando oggetti to tramite la mediazione delle consegne a domicilio, nello spettacolo si viene così a creare una sorta di situazione «kafkiana» che rimanda al titolo del lavoro dato che odradek è il nome di un oggetto misterioso, descritto da Kafka in un delizioso raccontino, che porta aun grado incandescente il rapporto tra bisogni e desideri. Ma mentre che M non ha mai ordinato ma che, miracolosamente, ha pensato o può aver pensato senza accorgersene, le potessero servire: si rompe un bicchiere? Ed ecco materializzarsi il fattorino con una coppia di calici, si rompe la cornice di una fotografia? Ed ecco, ancora, il fattorino che ne consegna una: in tempo reale: troppo reale.
Nato dalla lettura del saggio di Günther Anders «L’uomo è antiquato» che, già negli anni ’50, profetizzava il rapporto «malato» dell’uomo con la tecnologia e, soprattutto, il rapporto tra il desiderio di una cosa e il suo immediato soddisfacimenl’appartamento di M si riempie
degli oggetti consegnati dalla misteriosa Odradek, il «pieno» si trasforma in un «vuoto»: più oggetti arrivano più il vuoto esistenziale della protagonista si fa urgente: ma il tentativo di col marlo risulterà velleitario.