Il teatro dentro la Storia
Opere e voci dalle Torri Gemelle alla pandemia
Condividiamo con orgoglio un capitolo dell’imprescindibile pubblicazione di Rodolfo Sacchettini, ringraziando l’autore e l’editore.
Il libro ๐ฐ๐ ๐๐๐๐๐๐ ๐
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๐๐๐๐ puรฒ essere scaricato gratuitamente dalla pagina: https://anthologydigitalpublishing.it/…/il_teatro…/
2011.
PERDERE LA FACCIA DI MENOVENTI (CON POSTILLA)
Gli spettacoli per uno spettatore di solito sono dei lampi o dei dispositivi che mirano a far presa sulla meraviglia e la sorpresa, appoggiandosi per lo piu a suggestioni provenienti dallโarte contemporanea o ad antichi giochi ottici (come il peep show), in altri casi invece si tratta di teatro โsensorialeโ nel quale si cerca di stimolare tutti i sensi oltre a quello consueto della vista, che finisce infatti il piu delle volte per essere escluso (come nel caso di Teatro de los Sentidos di Enrique Vargas). Ma assistere per quasi mezzโora a uno spettacolo vero e proprio come Postilla (2009) del gruppo faentino Menoventi eฬ cosa piuttosto rara e puo innescare riflessioni non banali sullo spettatore e sulla sua esperienza artistica. Postillaย eฬ come la botola a teatro, un buco improvviso, una via di fuga che non si sa bene dove porti e che ha qualcosa ormai di antico. Postilla accoglie il suo ospite nel foyer, lo fa camminare solitario tra le file della platea completamente vuota, lo spinge a salire sul palcoscenico e a farsi strada in un clima infernale tra un primo e un secondo sipario. Eฬ uno spettatore che entra sempre piu in profondita alla ricerca di uno spettacolo che sembra ogni volta sfuggirgli. Tutto inizia con un contratto da firmare: la leggendaria vendita dellโanima, come in Faust, in cambio non del mondo da conquistare, ma dello spettacolo da vedere, e di mezzo ovviamente cโeฬ il diavolo, la conoscenza e la dannazione. A tratti la scena appare forse un poโ pretenziosa richiamando in modo un poโ insistito Mulholland drive di David Lynch, ma la presenza degli attori (Consuelo Battiston, Gianni Farina e Alessandro Miele) e lโiniziale e volontaria adesione dello spettatore, rendono il lavoro sicuramente avventuroso e convincente sul piano del gioco e della finzione.
Postilla eฬ una nota a margine della pagina, ma eฬ anche lโevolversi di un discorso che Menoventi prova a portare avanti da qualche anno sul pubblico e lo spettatore con unโattenzione per le tecniche attoriali moltoย rara tra i gruppi emergenti del periodo. In Semiramis, ad esempio, la potenza di unโattrice (Consuelo Battiston) riesce a metaฬ spettacolo, dopo il dispiegarsi della storia, a ribaltare i piani della rappresentazione, e a rivolgersi direttamente al pubblico, che da elemento invisibile improvvisamente si riconosce come presenza in carne ed ossa, perchรฉ tirato in ballo, apostrofato, irriso. Dopo una convulsa restrizione dentro una cameraย bianca (un poโ prigione, un poโ latrina), Semiramide sfonda il muro degli sguardi per convincerci che tutto quello che eฬ stato messo in scena fin liฬ (il potere, il sesso, la follia) ci riguarda direttamente e in qualche modo, anzi, ne siamo complici e forse in parte anche colpevoli. Nel successivo Invisibilmente questo confine viene preso come spazio e tempo di lavoro: due maschere imbarazzate, dopo aver svolto il loro lavoro di controllo dei biglietti allโingresso della sala, intrattengono il pubblico in attesa di uno spettacolo che non iniziera mai. Gli spettatori guardano i due attori come topi in gabbia, perchรฉ questi, oltre ad essere costretti โ non si sa bene da chi o da cosa โ a rimanere inchiodati sul palco, sono per tutto il tempo soprattitolati. Le loro parole e i loro gesti sono cioe continuamente previsti e descritti come osservassimo un meccanismo comico e inquietante di eterodirezione, e il gioco dura fino a quando il pubblico, senza accorgersene, viene inglobato e anchโesso previsto e controllato. In gabbia ci sono tutti, attori e spettatori, il processo di inclusione del pubblico va cosiฬ aumentando e il gancio della comicita da attrazione divertente si trasforma in piu raggelata inquietudine. Questa riflessione su quale forma utilizzare per trattare il pubblico come elemento drammaturgico dello spettacolo vede in Postilla lo sfiorare di un limite e soprattutto la manifestazione di una domanda fondamentale: ยซcosa sei venuto a fare qui?ยป. Alla base si riflette cioe sul contratto scenico, sulla qualita e il tipo di relazione da instaurare tra attore e spettatore. In altre parole si rivolge una domanda di senso al pubblico, lo si invita a guardare la motivazione del suo essere presente, a riflettere su quello che sta cercando. Il fatto eฬ che questo spettacolo si risolve in due scenette apparentemente insignificanti: una coppia borghese a cena che mangia (ma i piatti sono vuoti) e che dopo lโintervento improvviso di un altro attore sparisce nel nulla, e un momento in cui si vede rappresentato il momento della stipula del contratto. In altri termini gli attori fanno finta, appaiono e scompaiono, rappresentano, e tutto questo mentre un altro attore si comporta da spettatore agitato, ridendo, urlando, commentando ogni frase, distraendo in continuazione. Eฬ come se fossimo entrati nellโABC del teatro, in qualcosa di infantile, ma basilare, qualcosa di artigianale e allo stesso tempo magico, di mortifero ed eccitante. Se il patto eฬ stato stipulato, sembra dirci la compagnia Menoventi, non cโeฬ altro da fare che riflettersi nel teatro, portando avanti la propria domanda, la propria ricerca su di seฬ e sulla natura umana. Ed eฬ questo in definitiva il motivo di apporre la firma. Se poi il contratto in extremis puo essere pure stracciato โ ma a dure condizioni โ per tornare fuori siamo adesso costretti a fare il percorso dellโattore, a pestare il palcoscenico completamente soli di fronte a una platea vuota.
Nel lavoro, Perdere la faccia (2011), superficie e profondita si guardano nuovamente allo specchio. Portando avanti unโidea di teatro di scatole cinesi, cioe di una scena inafferrabile che continuamente rimanda a qualcosa di piu profondo che non arriva mai, Menoventi raggiunge qui davvero un apice di grazia e di spudoratezza molto raro di questi tempi.ย Lโidea e sorprendente e la sveliamo convinti che lโeffetto meraviglia non sia determinante. Perdere la faccia si presenta come lโincontro della compagnia romagnola con il mondo del cinema: Menoventi con la regia di Daniele Cipri ha infatti realizzato un cortometraggio che viene mostrato al pubblico. Consuelo Battiston e Alessandro Miele, i due attori, di fronte allo schermo cinematografico presentano il cortometraggio salutando il regista in collegamento telefonico. Si lancia il cortometraggio e si rimanda allโincontro che avra luogo subito dopo la visione. Cala il buio, passano secondi interminabili, ma non succede nulla. Si riaccendono le luci, riappaiono i due attori di fronte allo schermo che ripetono esattamente la stessa scena, compreso il dialogo con la voce al telefono di Cipri. Cala nuovamente il buio, ma il cortometraggio non parte. Iterata una decina di volte con piccole, ma incisive variazioni, la scena si trasforma nellโossessiva presentazione di un vuoto, perchรฉ il cortometraggio non iniziera mai.
Con questโultimo lavoro il teatro di Menoventi si conferma come teatro costantemente in bilico. Tutto si svolge sulla soglia, perchรฉ il teatro di Menoventi sembra essere fisicamente la quarta parete, un ยซperiteatroยป, come lo chiama Giacche. I due attori paiono imprigionati in una sorta di loop e una terza attrice (Rita Felicetti), proveniente da chissa quale mondo, commenta e compatisce le loro azioni, anche lei in bilico: da una parte consapevole di un meccanismo bloccato e allo stesso tempo complice di uno spettacolo assurdo.ย Lโoriginale idea di Menoventi si incarna perfettamente nei volti e nei corpi degli attori che, nella ripetizione delle scene, intraprendono un percorso quasi di disfacimento. I movimenti sempre uguali variano unicamente per incidenti di percorso e per alcuni dettagli apparentemente irrilevanti โ come ad esempio cappellini e trombette da festa infantile โ che vanno ad accrescere un profondo sentimento di angoscia. Ed e proprioย lโangoscia la condizione che riescono a suscitare, perchรฉ ci si immerge nel virus della finzione, intesa non solo come consueta rappresentazione teatrale, ma anche come dimensione sempre piu pervasiva della vita.
E tutto finto โ sostiene Menoventi โ tranne il disfacimento di questi due attori che, pur nellโestenuazione meccanica della ripetizione, riescono a mantenere vivo un lontano e terribile barlume di umanita164. Perdiamo la faccia senza molte consolazioni rispecchiandoci nel volto disperato di Consuelo Battiston, che sembra davvero rimandare a una stanza chiusa entro cui tutti siamo finti protagonisti, bloccati in una mondanita fasulla e mortifera. Perdere la faccia di Menoventi, insieme a pochi altri spettacoli, sembra un antidoto per i tempi drogati dalla retorica dei finti sentimenti, delle finte ricerche, dei finti dolori.
159 R Sacchettini, Menoventi che crescono, in ยซLo stranieroยป, 2011, 137, 134-135 e Postilla: per uno spettatore solo, in ยซLo stranieroยป, 2009, 115, 167-168.
160 Postilla di e con Alessandro Miele, Consuelo Battiston, Gianni Farina.
161 Perdere la faccia di Menoventi e Daniele Cipri; regia di D. Cipri; con C. Battiston, A. Miele, Rita Felicetti; soggetto e sceneggiatura di C. Battiston, G. Farina, A. Miele; fotografia di D. Cipri; montaggio di G. Farina; immagine di Nicola Samori; debutto Supercinema, Santarcangelo di Romagna, 15 luglio 2011.
162 P. Giacche, I Menoventi e il periteatro, in ยซLo stranieroยป, 2012, 141.
163 ยซPerchรฉ la โmenzognaโ (o la finzione), a teatro come nel cinema, e alla base del patto comunicativo che si crea con lo spettatore, che sceglie di farsi โingannareโ per poter capire.