Entertainment

Un'esplosione diretta di sguardi oltre lo specchio

Pietro Corvi | 

Libertà | 

13/10/2024

«Anche noi facciamo quelle facce?». E’ una voce sussurrata tra il pubblico, rende l’idea di quanto di eccezionale sia accaduto venerdì (ieri in replica) al Teatro Filodrammatici grazie al Festival “L’Altra Scena” di Jacopo Maj e Teatro Gioco Vita e al ritorno dopo anni della premiata, sempre geniale e ormai ventennale compagnia romagnola Menoventi.

Il pubblico apparentemente “allo specchio” era sul palco, i due protagonisti in platea. Un uomo e una donna ben vestiti, giunti a loro volta per vedere uno spettacolo. Chi guardava chi? Nei primi minuti, una piacevole sensazione di confusione. Poi l’intersecarsi dei piani a matriosca si farà talmente concreto e sfuggente, stretto e labile da far dimenticare tutto, lasciando godimento e sprofondamento nelle avvolgenti sabbie mobili di una situazione gustosa e anomala che diverte, sovverte, obbliga a pensare ma anche a lasciarsi andare senza eccessi ermeneutici. Un bel teatro, alla rovescia.

“Entertainment – Una commedia dove tutto è possibile” (finalista agli Ubu 2023) sembra davvero un testo scritto dal regista Gianni Farina e Consuelo Battiston, cofondatrice Menoventi. Invece è di Ivan Vyrypaev, influente autore, attore e regista siberiano classe 1974 rifugiato in Polonia, purtroppo un simbolo dei tempi presenti diffuso in Italia grazie all’attore (qui traduttore) marchigiano Teodoro Bonci Del Bene.

Lo spettacolo esplode subito negli sguardi dei bravissimi Tamara Balducci e Francesco Pennacchia, conficcati verso di noi in un punto imprecisato. Bisbigliano, commentano la storia cui assistono. Amore e tradimento. Steven, Margot e la di lui moglie Rebecca continuamente evocata. La spettatrice non è avvezza alle sale, pone domande pedanti sul rapporto tra attore e personaggio, vite vere e vite finte, i meccanismi della rappresentazione. L’entertainment funziona così! Lui spiega, chiarisce, razionalizza.

Ad un tratto però l’uomo e la donna smettono di riferire l’azione e iniziano a dire le battute. Diventano Steven e Margot. Prendono a muoversi a loro volta dentro e fuori dal ruolo di attori, spettatori e personaggi. Assurdo e paradosso rubano stilemi al cinema in bianco e nero e alla commedia italiana. Il paradigma del metateatro ritrova freschezza grazie alla beffarda eleganza del testo, traduzione, pulizia registica, alla fantastica (in)credibilità degli interpreti sempre in bilico tra il macchiettistico e il toccante. E grazie al tema costante dell’amore e dell’eros che travolgerà gli amanti, in un climax di finezza filosofica e psicologica che indaga l’estasi e la morale, l’anelito, la trascendenza del sentimento nella sua forza, nella presenza e nell’assenza, sino all’infinita reiterazione (con sapide variazioni) di un addio impossibile che non scioglie il labirinto, nell’affievolirsi di una luce – quella del teatro, dell’amore e dell’amore per il teatro che ci aiuta a vedere chi siamo – che, dopo un po’, dovrà necessariamente dissolversi, per lasciare spazio agli applausi. Spiazzati, veri e reciprocamente accoglienti.