Teatri a Kilowatt, le prime di D’Agostin, Cosentino, Lanera, Bertozzi e altri
estratto
Walter Porcedda |
gli Stati generali |
15/08/2025
E poi ci sono i Menoventi, minimo ensemble faentino formato da Gianni Farina e Consuelo Battiston, sperimentatori collaudati, autori di un artigianato teatrale di bella classe, raffinato e intellettualmente molto avanzato, che ricerca originali spazi d’espressione, andando su sentieri poco battuti. Amano sorprendere con allestimenti costruiti con progressivo slittamento drammaturgico, aprendo – come avviene in “Odradek”, mirabile prova di pochi anni fa- finestre temporali che si affacciano su mondi sconosciuti. Così avviene anche nella loro ultima fatica,“Veglia”, festa-spettacolo per celebrare i loro venti anni d’attività. Spettacolo spiazzante come si conviene ai Menoventi, che non guarda al futuro ma decelera sul tempo con una sorta di flash back su immaginari di comunità di tutto il pianeta. Una ricognizione sullo spazio-tempo, un po’ con lo spirito di Levi Strauss per la curiosa attenzione antropologica e un po’ con l’istinto basico di un teatrante dell’OdinTeatret che guarda al mondo come una immensa casa dove scambiare storie. Racconti appunto. I Menoventi li hanno selezionati da un libro di Jean-Claude Carrière, edito da Garzanti e intitolato “Il circolo del cantastorie. Storie, storielle e leggende filosofiche del mondo intero” (titolo originale “Le cercle des menteurs”). Una raccolta preziosa costruita dall’autore lungo i suoi viaggi. In questo volume si trovano racconti ebraici, enigmi zen, apologhi indiani, narrazioni sufi come leggende dell’Africa e fiabe irlandesi. Sono incredibili. Molte divertenti, alcune addirittura inquietanti. Farina e Battiston ebbero in regalo il volume da Goffredo Fofi, l’intellettuale e studioso scomparso di recente e al quale i teatranti hanno voluto dedicare la tappa di Kilowatt. E di sicuro Goffredo avrebbe ben gradito il modo in cui i due teatranti hanno allestito in modo semplice lo spazio del Chiostro di San Francesco come una colorata agorà con gli spettatori raccolti in circolo. Nella figura geometrica e rituale del cerchio i Menoventi hanno fatto coincidere gioco e festa con spirito di assemblea teatrale. Fatto soprattutto di condivisione e partecipazione in grado di sfidare ludicamente i limiti. Anche quelli dell’aldilà. In “Veglia” dove il master di cerimonie è lo stesso regista Farina nelle vesti di affabulatore, coadiuvato da Consuelo Battiston a lanciare scommesse (“quanti fagioli ci sono in questo vaso?” domanda, e tutti a scrivere su un foglietto) e raccontare. Si vince e si perde. E si allestisce anche un funerale per qualcuno che si dovrà prestare ad hoc. Nel frattempo si viaggia tre le intriganti storie persiane, racconti zen con la musica elettronica live di Muni. Si brinda come a un incontro tra amici. Come in una festa. O in una Veglia…