Menoventi, In festa

PERIODICO AUTOGESTITO DI CRITICA E CULTURA TEATRALE

Antonia Anania | 

UBU SETTETE | 

08/11/2007

La coppia di “In festa” è compita. La coppia di “In festa” è vestita di bianco e di grigio. La coppia di “In festa” ha una casa tutta bianca: bianco il lavabo, bianco il tavolo, bianco lo sgabello. La coppia di “In festa” vede i colori solo al semaforo: verde: “Ti puoi avvicinare di più”; rosso: “C’è un cambio d’umore, è bastato un niente”. La coppia di “In festa” si capisce a un solo sguardo.

La coppia di “In festa” ripete gesti e frasi e si prepara alla festa con compito entusiasmo. La coppia di “In festa” è molto educata e anche gli amici sono molto educati: scrive la lettera d’invito, riceve i regali e le lettere d’accompagnamento. Però le frasi sono sempre le stesse, e anche i regali sono sempre gli stessi, e anche i gesti sono sempre gli stessi. E finisce che alla fine tutto questo “essere lo stesso” esplode. Il marchingegno s’inceppa e i piccoli automi impazziscono. Quando si riprendono però, ritorna tutto come prima, tutto lo stesso fino alla festa.
È così contemporaneamente compito e surreale questo lavoro che si chiede al regista se per caso non sia nato da un incubo. E lui invece, ci dice che è nato improvvisando: fare, ideare, ruzzolare e fermare quanto seduce e diverte di più. Dopo un anno e mezzo di prove (gli attori della compagnia stanno uno a Pompei, uno a Faenza, l’altra –me ne scuso- non ricordo precisamente dove), 1700 biscotti e chissà quanti gesti ripetuti è nato uno spettacolo che a tratti ipnotizza, di buon impatto e ricercatezza, sorprendente e piacevole.