La tela invisibile dei Menoventi
Graziano Graziani |
Carta n°32 |
01/10/2010
La compagnia Menoventi è una tra le realtà più interessanti dell’ultima generazione teatrale, lo dimostra la grande capacità inventiva e la versatilità di linguaggio che questa giovane formazione faentina – composta da Consuelo Battiston, Gianni Farina e Alessandro Miele – utilizza di volta in volta nei suoi spettacoli. C’è più di un fil rouge che attraversa i lavori di Menoventi, da un gusto per la comicità surreale al ragionamento sul pubblico come spettatore che si riscopre attivo e partecipe – il tentativo cioè di innescare delle epifanie di coscienza in chi guarda, che si scopre parte del meccanismo senza dovervi essere incluso a forza, e un po’ forzosamente, come accadeva negli anni Settanta. Senza preoccuparsi di creare uno stile riconoscibile, Menoventi lavora cercando di volta in volta la soluzione migliore per l’interrogativo che è al centro della creazione a cui si dedica – una particolarità preziosa, che dimostra profondità di ragionamento, e assai rara in un panorama artistico dove si insiste in maniera eccessiva a presentare le compagnie teatrali come portatori di un determinato “brand” estetico.
Il piccolo ma tagliente gioco di «Invisibilmente» è un summa di questi elementi. Due maschere prendono tempo per uno spettacolo – presumibilmente straniero, visto che in scena c’è solo uno schermo per i sovratitoli – che non comincerà mai. Una gag dai toni comici semplici ma riusciti, grazie alla mimica di Battiston e Miele. Ma il vero nodo dello spettacolo è altrove, nello schermo dei sovratitoli che si anima e descrive quello che accade in scena, persino anticipando le azioni delle due maschere. Ai toni comici, che crescono, si aggiunge questo meccanismo da grande fratello di cui non sveliamo troppo la forma, che interroga il pubblico sul libero arbitrio, su quanto le nostre azioni siano eterodirette o quanto invece siamo noi stessi ad adeguarle ad un modello perché lo intuiamo come l’unico orizzonte possibile entro cui compiere le nostre azioni, una “tela invisibile” (tema e titolo del lavoro) da cui non è possibile fuggire. Questo interrogativo interesserà il pubblico più di quanto il pubblico non si aspetti, grazie a un geniale meccanismo che segna l’apice dello spettacolo, e che ci ricorda – a noi colti e smaliziati spettatori che guardiamo (e forse giudichiamo) comodamente seduti in poltrona – che nessuno, ma proprio nessuno è fuori dalla tela, e che spesso questo avviene non senza una ragione, ma a causa di una nostra precisa volontà.
Lo spettacolo andrà in scena a novembre a Modena, al Teatro delle Passioni, dal 4 al 17.