In festa

di Consuelo Battiston, Gianni Farina, Alessandro Miele
con Consuelo battiston, Alessandro Miele
regia Gianni Farina
produzione Menoventi
con il sostegno di Capotrave
debutto: Finale Emilia, Avant Garde festival, 10/12/2005

Solo di quando in quando,
in certe interminabili sere,
un’occhiata dall’altra parte,
alla finestra illuminata
dove vivono altri,
e la vaga sensazione
di essersi persi qualcosa.
(H.M.Enzensberger)

Manca qualcosa.
Cosa? Non si sa, ma la consapevolezza di questo è già qualcosa, no?
Questa festa è il tentativo, estremo e inconsapevole, di colmare un vuoto; è la ricerca di un semaforo sempreverde; è la soppressione liberatoria di un disagio inesprimibile.
Questa festa è forte e decisa come una stretta di mano, ma qui sorge un dubbio: decisa da chi?
Un cinico Semaforo incombe sulla scena e il Campanello, tremendamente puntuale, eppure tanto gentile, attraverso biglietti di amici cari e bei regali colorati, mantiene l’ordine delle cose con minuzioso interesse.
Gli ospiti tanto attesi sono incompleti, mancanti: a volte entra una mano da stringere, una spalla su cui dare pacche amichevoli, due guance da baciare: l’essenziale. Per loro si compie il rituale della barzelletta, si innalzano torri di biscotti, si sacrificano piatti innocenti.
E quando meno te lo aspetti, dall’ombra, sussurrando, affiorano pensieri, dubbi, ricordi.
Ma tu non te ne avvedi,
Tu dici:
io apro gli occhi e vedo quello che c’è.

GENESI DI UN PROGETTO

Autoprodotto, non commissionato e spontaneo come un rutto, IN FESTA procede lentamente per la sua strada, ignaro dei tempi imposti dal mercato; ancora oggi lo consideriamo strutturato ma aperto.
Questo lavoro, iniziato nell’Agosto 2004, nasce dall’esigenza di esplorare una sensazione non chiara, indefinibile a parole, che si avvicina ma non si esaurisce nel concetto di vuoto.
La messa in scena di tale nebuloso concetto chiedeva a gran voce chiarimenti, esemplificazioni, simboli concreti.
È così che si sono evidenziati alcuni aspetti di questa vaga sensazione di disagio: l’impressione di un controllo esterno sulle nostre azioni; l’impossibilità del cambiamento se non si rompono i legami con la realtà artificiale in cui siamo immersi; il bisogno di profondità, di silenzio, di inazione, di amoralità necessario per percepire l’ombra nascosta delle cose.
Tutto questo non è mai dichiarato o detto esplicitamente. Si avverte chiaramente però, che nella vita delle due figurine al centro della storia, qualcosa non va; che magari si è riso delle strane coincidenze che li perseguitano, ma non c’è proprio niente da ridere; che il calore dei personaggi, in cui forse ci riconosciamo, è generato da una fiamma fredda, freddissima,
a –20°

In festa

Some endless nights,
a glance across the street
at the lighted window
where others are living,
and the benumbed feeling
of missing out on something
(H.M.Enzensberger)

Something misses.
What is it? I don’t know exactly, but being aware of it is already something. Isn’t it?
This party is an extreme attempt to fill a gap; it is a research of an evergreen traffic light; it is the suppression of an inexpressible dislike.
This party is strong as a shake of hands, but here a doubt arises: why?
A cynic Traffic light hangs over the stage and the Ring bell as gentle as always tremendously in time keeps the order of a domestic space. Beautiful colored gifts and cards from friends are warmly welcomed in the house. However, nobody comes to the party. Or, better, essential parts of bodies come over: an hand to shake, a cheek to kiss, a chest to hug. Anyway, the party goes on: a ritual joke is told, a tower of biscuits is served, and a number of “innocent” plates are destroyed.
And, suddenly, unexpected thoughts, doubts, and memories emerge from the shadow.

But you are not aware,
You just say:
I open my eyes and I see what there is

Genesis
We started to work in this project in August 2004. Our aim was to explore a vague feeling of dislike. We know we shared it, even if we couldn’t define it. So we approached our work with a sense of confusion and indeterminacy. We decide to work on the concept of emptiness and, since we did not have any clear idea, we looked for strong symbols and exemplifications. In this way, more determinate elements took shape: the impression to be under an external control, the will to break out our relations with the artificial environment constrains we are tied up to, the need of silence, deepness, inaction, and amorality as an obligatory point of passage to perceive the hidden shadow of reality.
This is never stated explicitly. However, you may feel it immediately looking at the ridiculous personages of the story. The setting is very familiar: there is a couple in a domestic environment waiting for friends who never come. The situation is comic, but it is also dramatic. In fact, It seems like that the warm sense of familiarity of the personages is produced by a cold, a very cold fire. At - 20°

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