Cartoline da Roma di Menoventi

Anna Bandettini | 

Repubblica | 

12/02/2017

Nell’autunno del 2015 hanno intervistato per una settimana i turisti di Roma, giovani, vecchi, colti, russi, francesi, inglesi, di qualunque nazionalità, con le domande più svariate. Il materiale è stato scelto, rielaborato, rimontato dando vita a un “ritratto vissuto” della capitale forte e veritiero, fuori dalla banalità promozionale dei deplinat turistici (ma anche di un certo campanilismo romano) ma nemmeno arbitrario o casuale.

Cartoline a Roma – Ascoltate!, dei bolognesi Menoventi, è una coproduzione con Teatri di Vetro/E-production il festival romano dove era stato presentato. Ora lo spettacolo è tornato in scena all’Angelo Mai con successo. La formula è semplice, perfino elementare: i pareri dei turisti sono diventati “messaggi in cartolina” che vengono lette in scena, su sorta di pulpito di finto marmo (di Laura Bulzaga), da Consuelo Battiston vestita a sua volta come una turista, sneakers e zaino in spalla, la maglietta con l’effige della Bocca della Verità. Una voce fuori campo intercala delle domande e i messaggi in cartolina danno le risposte: “Perché sei venuto qui?” “Come siete stati accolti?” “Che cosa hai trovato?”, “Che cosa non hai trovato?”, “descrivi la città con tre aggettivi” e così via… Le risposte che Consuelo Battiston legge sono le più svariate: “perchè è la città del papa”, “perchè qui è cominciato tutto”, “perchè è la città eterna”, “perchè ho visto La Grande bellezza, “A Roma mancano i bagni pubblici” “Manca l’amore come è nei film”…

Sul sottofondo di stormi di gabbiani e la musica di Ben-Hur, a cura di Mirto Baliani, ne esce un quadro della città potente, vissuto, concreto e variegato che alla parola dei turisti intreccia tra l’altro brani da Stendhal, Fellini e altri illustri- Prevista anche l’incursione di un “romano doc”, chiamato in causa, che ogni sera cambia e la sera in cui l’ho visto era il giovane giornalista e critico Graziani Graziani il quale ha fatto un bell’intervento d’amore e di rabbia verso la sua città.

Diretto da Gianni Farina, lo spettacolo è semplicissimo nella sua drammaturgia, forse fin troppo, anche se c’è un filo che ci conduce alla scena finale: quella in cui i soldi della presunta Fontana di Trevi volano via , unendo in una immagine le due anime della città, bellezza e corruzione, arte e mercimonio.
Ma quello che è più interessante è il “format”, se così si può dire: la struttura narrativa con cui si potrebbero costruire cartoline simili anche su Venezia, Milano, Firenze, e altre città, proprio intrecciando immagini convenzionali con un vissuto sincero e sentito. Ne verrebbe fuori un atlante geografico italiano contemporaneo e perfino utile per le amministrazioni locali.